Yurta Maktub

An intimate nomadic theatre devoted to cultural research, artistic trainings ecological practices and well-being.

Spazio dedicato a pratiche artistiche e culturali che promuovano l’approfondimento della Relazione ( fra natura ed essere umano / arte, mistica, scienza / ecologia e condivisione).

Ad oggi felicemente appollaiati nel Camping Le Querce (Monzuno – BO)

  • Seminari – Workshops
  • Teatro – Theatre
  • Ospitalità – Hospitality

Seminari

  • Atelier di Teatro Rituale/
    Butoh
  • Ginnastica (Riattivazione e
    Potenziamento)
  • Yoga, Qi Gong, Tai Chi

Teatro

Produzione e promozione di:

  • Spettacoli
  • Concerti
  • Eventi

Ospitalità

  • Escursionisti e pellegrini (siamo vicini alla Via degli Dei)
  • Residenze Artistiche
  • Ritiri spirituali

La historia

Tutto è iniziato in una sperduta casetta montana dove vivevo con mi compadre El Perucho. Lì si è materializzato il sogno (con un tuono che entra dal camino elettrizzando la stanza): portare il Teatro dove non può arrivare. Tornare al Teatro, alle sue radici, e giungere come rito antico nelle piazze e nei boschi. Un po’ stile Fitzcarraldo, ma senza tagliare alberi. Certo, tutto liscio non è andato neppure a noi, e come il caro Herzog abbiamo rischiato la bancarotta più volte per menare innanzi il nostro barcone. In verità più che un barcone era una grande Yurta, trasportata da un vecchio pachiderma della Mercedes che, con oltre 30 quintali di sovrappeso, ci scarrozzava su e giù per l’Italia. Sulla Salerno-Reggio Calabria sfioravamo i 35 km orari, fieri come due bimbi con i loro gelati.

La progettazione di una struttura che permettesse il pubblico spettacolo, nomade ma con struttura in legno, diversa dai circhi per architettura, spirito e contenuti, non era cosa facile. Per la realizzazione avevamo bisogno di un buon artigiano e di un ingegnere che mettesse alla prova ogni visione, calcolasse carichi e zavorre, come se per quel giovane teatro non ancora nato già si preannunciassero instabilità e turbolenze. Mai previsione fu più azzeccata, ma ancora, in quel momento, correva il lento processo della costruzione, mentre pratiche e sogni di una decade si addensavano attorno a quest’aria novella: Yurta Maktub.

La fine della costruzione e le prove generali avvennero alle Fucine Vulcaniche (Bologna). Ma il vero battesimo nel fuoco fu in Piazza dell’Unità, dove tra maggio e giugno 2014, per 24 giornate consecutive offrimmo spettacoli, conferenze, concerti e seminari. Dove passarono centinaia di volti, preziosi incontri quotidiani e momenti di fremente arte condivisa in uno dei quartieri più vivi e multietnici della città. Di tutto questo intenso e ricchissimo periodo la cosa che più emerse nel chiacchiericcio cittadino fu un episodio di piccola e miseranda cronaca nera che non vale neanche la pena di esser descritto. Ne uscimmo con la Yurta lacerata, piante e terra cosparse sull’asfalto tristo della piazza e mi Compadre con un ginocchio rotto. Segnali importanti. Lezioni da apprendere. Prova inconfutabile della confusione in cui versano individui e gruppi. Paura e violenza. Repressione. Lotta dirottata. Ignoranza. Disonestà ed ancora ignoranza che genera paura, violenza ed allontana dal sogno. Mentre noi eravamo lì, con il nostro sogno nuovo di zecca che forse faceva invidia, forse testimoniava che era ancora possibile, il sogno, anche senza latrare e spingere e sbavare. Anche il nostro sogno fu messo a dura prova. Il mondo, al di là dei tanti ringraziamenti, sorrisi, nuove amicizie, collaborazioni che si rinnovano e si rinforzano, il mondo – dico – palesava un’emblematica componente di follia intestina totalmente irrazionale, molto pericolosa. Nessuno aveva detto che sarebbe stato facile.

Dovevamo fermarci un attimo a riflettere, leccarci le ferite. El Perucho era come perseguitato da beffarde presenze invisibili che ostacolavano i suoi piani. Lo stesso valeva per me. Insieme eravamo una bomba ad orologeria. Come stregati ma sempre salvati in extremis da un qualche angelico intervento salvifico. Il ginocchio pian pianino migliorava, mentre le Fucine tornavano ad offrirci un porto dove riparare dalla tempesta, rimettere in sesto i cocci rotti e pensare i prossimi passi. Dal suggerimento di una conoscente che bazzicava il luogo emersero i tratti della nostra nuova destinazione. Dovevamo lasciare gli angusti confini cittadini. L’estate si avvicinava. Avevamo passato varie stagioni nel Sud Italia con la Compagnia (la Beffa), fra ‘site specific’, strada, matrimoni e masserie. Stavolta si trattava di giungere con il carillon al completo. Fu un campeggio che poi si rilevò essere un parcheggio, in uno splendido tratto della costa calabra ad accoglierci. Circa due mesi appollaiati all’ombra dei pini ad un centinaio di metri dal mare. Promesse di sabbia da parte di una losca figura di squilibrato ma il nostro spirito ed umore erano alti, e c’era da lavorare sodo per raddrizzare le sorti di quella prima tournée lontani da casa. I primi 20 giorni furono dedicati interamente alla fase finale della costruzione di uno spettacolo importante.

Kore – il nero che divenne luce” metteva in scena lo struggersi del cuore degli amanti in preda a solitudini, incomprensioni, rotture e di nuovo amori. Trasfigurava e curava una ferita apertasi nella vita di coppia, umori, eleganza e di Lei aspirazioni; caparbia e cocciuta enfasi, in Lui, traversato come una furia, addolorato e confuso. Una vera e propria equipe partecipò alla creazione…

…to be continued


Info: ateritual@gmail.com


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: